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(Fotografia di Guido Montalbano)

Sfregiata. Idraulico liquido stavolta, una sostanza talmente corrosiva da danneggiare la carrozzeria di una macchina.

Ogni volta che apriamo un giornale la cronaca nera é ormai la più quotata;
in prima pagina, o quando più semplicemente accendiamo la televisione all’ora di cena, davanti al Tg, é diventato come rivivere un déjà-vu, con la differenza che non é una semplice sensazione, ma é tutto vero purtroppo.

E’ brutto da dire, ma é diventato talmente comune sentire che ad una ragazza é stato buttato addosso l’acido che a volte non alziamo neanche gli occhi per guardare meglio cosa sia successo, per osservare il bel sorriso nelle foto del viso della vittima prima di essere per sempre sfigurato.
Io però non riesco a non farlo.
Quando sento il triste racconto dell’ennesima violenza di un uomo nei confronti di una donna non riesco a non pormi sempre le stesse domande:
Dove sono le istituzioni, dov’é la legge quando serve veramente? Bisogna finire per forza sottoterra per essere ascoltate? La ragazza, prima del fatto, aveva denunciato il suo aggressore?”
Se ci fate caso infatti, la maggior parte dei casi di femminicidio di cui sentiamo giornalmente parlare potevano essere evitati, in più modi.
Le donne la cui incolumità é realmente in pericolo, nel caso di reale pericolo intendo, dimostrato da fatti inconfutabili (minacce, appostamenti, atti sia scritti che fisici) non dovrebbe essere un motivo sufficiente per farle ottenere protezione? Io penso di si.

In Diritto Privato ho studiato che una minaccia và presa sul serio se é grave e se é tale da far presa su una persona “normale, sensata” , quindi mi chiedo come riescano certuni a passarla liscia anche di fronte all’evidenza dei fatti.
Certo, chiaramente la donna che con coraggio riesce a denunciare il suo aguzzino, do per scontato che chiuda ogni rapporto con lui non permettendogli, per quel che può, nessun contatto, soprattutto non concedendogli mai l’ultimo incontro chiarificatore, oppure il classico ritorno a casa per riprendere le ultime cose, perché spesso sono proprio queste le volte in cui la vittima non fa più ritorno a casa propria. Mai più.
Ma io mi chiedo, se una donna denuncia, recide ogni collegamento, ogni contatto con il mostro, la Legge non dovrebbe tutelarla?
Forse alcuni magistrati dovrebbero smetterla di prendere così alla leggera lo scempio che sta avvenendo davanti agli occhi di tutti, mettere da parte il dilagante finto buonismo che avvelena i nostri Tribunali e la nostra Società, e applicare finalmente le Legge, iniziando a mettere in pratica le pene severe che troviamo scritte nei Codici di Diritto Penale.

Esiste una legge, la “Legge contro lo stalking”, termine che viene dall’inglese “to stalk” che tra i suoi significati annovera “..dare caccia alla preda” (che rende molto bene l’idea) regolata dall’articolo 612 bis del Codice di Diritto Penale.

L’art. 612-bis c.p. rubricato “Atti persecutori”, al primo comma, recita:

“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, é punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”

Così recita il primo comma dell’articolo dell’unica legge in Italia che tutela le donne dagli stalker, che prevede, appunto, la reclusione da sei mesi a quattro anni; peccato che per mille motivi la maggior parte degli stalker la passi liscia, rimanendo, a volte per anni, un costante pericolo per le donne che hanno torturato ma anche per quelle a cui potrebbero fare del male in futuro.

Siamo stanchi, stanchi di questo odio, stanchi di questa innaturale cattiveria che si nasconde dietro uomini spesso apparentemente “innocenti” e perbene;
gli stalker appartengono ad ogni fascia sociale, ma sicuramente non basta essere un professionista affermato per potersi permettere di mettere le mani addosso alla propria compagna, alla madre dei propri figli, niente dà il diritto di importunare la collega d’ufficio: l’unica cosa che conta é la persona che sei, non la maschera che indossi, e di mostri che indossano una maschera ben fatta purtroppo ce ne sono parecchi in giro, ed é molto difficile riconoscerli; almeno, però, guardiamo in faccia la realtà quando ne incontriamo uno, e denunciamolo subito.

E per favore, cari Magistrati (chiaramente lungi da me fare di tutta l’erba un fascio..) abbiate il coraggio di buttarli in galera e farli marcire una volta tanto questi mezzi uomini, ma non dategli tre mesi per poi rimandarli a casa in attesa del processo, lasciando chi denuncia totalmente priva di protezione.
Non vi rendete conto che lasciandoli impuniti spingerete inconsciamente i futuri maniaci e stalker a darsi alla pazza gioia, sicuri di non farsi mai un giorno di galera? Cosi vi rendete complici di altre potenziali aggressioni e ancora peggio, omicidi.

Perché a volte chi esce dal carcere si impegna a concludere l’opera iniziata, colmo d’ira nei confronti della donna che l’ha fatto incarcerare, e la cronaca riporta tantissimi casi in tal senso.
Un processo in cui una vittima di violenza sia fisica che psicologica deve trovarsi da sola le prove, deve combattere sotto minaccia magari, con dei figli a carico, costretta a vivere nell’angosciante attesa che possa accadere qualcosa a lei o alla sua famiglia da un momento all’altro, donne che non sono nemmeno più libere di parcheggiare l’automobile in garage la sera e di rientrare a casa serene, ormai stoicamente rassegnate al loro triste destino.

L’ultima vittima della feroce violenza, il cui bellissimo volto é stato per sempre alterato con l’acido, é quello di Gessica Notaro, ventottenne piena di sogni e di speranze, che nonostante la tragedia che l’ha ingiustamente e crudelmente colpita, spera di riuscire a continuare a vedere”, sperando di recuperare completamente la vista che al momento ha solo da un’occhio, consolando lei stessa amici e familiari distrutti per quello che le é stato fatto.

Queste le sue parole da un letto di ospedale:

“Anche se rimango sfigurata, se mi ha ridotto a un mostro cosa mi importa? Non mi interessa tornare bella, l’importante è che io veda. Voglio vedere, vedere in faccia la vita”.

Non bisogna arrendersi mai, e continuare sempre a pretendere giustizia, come sta facendo anche Gessica, a cui non importa del suo aspetto irrimediabilmente mutato, della sua bellezza cancellata, ma a cui importa solo una cosa: continuare a vedere con i suoi occhi.
Il mezzo uomo colpevole di questo gesto non é riuscito nel suo intento: cancellare per sempre l’identità, il volto, la femminilità della donna che un tempo diceva di amare.