” Alzando gli occhi alla sua sinistra, una luna sfolgorante le sorrise, ma fu solo un attimo, perché presto entrambe furono attratte come calamite nella foschia, celate dagli alberi che percorrevano con loro lo stesso sentiero.”
Erano da poco passate le nove quando varcò il sentiero. Era arrivata lì senza l’auto, i pensieri che le esplodevano nella testa, e quella corsa lenta ma decisa, rapida ma non frenetica, man mano che percorreva il tragitto le rilassava le membra, ed il contenuto confusionario che albergava nella sua testa perdeva lentamente forma, dissolvendosi.
Fece un cenno con il capo a quell’uomo di mezza età che era solita incrociare in quel punto – i due non si erano mai scambiati parola, ma quel saluto educato era ormai da un anno una tacita consuetudine tra loro.
Ricordò una delle notizie che aveva sentito in tv quella mattina prima di andare in facoltà – quella notte ci sarebbe stata la luna piena.
Alzò gli occhi al cielo, immaginando di vederla lì su ; in quella serata afosa la sua tuta nuova le si era già incollata addosso, attaccandosi morbosamente alle forme del suo corpo, proprio come faceva lui . Sentiva un calore, un piacevole formicolio salirle alla testa – si stava lentamente rilassando. Alzando gli occhi alla sua sinistra, una luna sfolgorante le sorrise, ma fu solo un attimo, perché presto entrambe furono attratte come calamite nella foschia, celate dagli alberi che percorrevano con loro lo stesso sentiero.
Un tempo, non poi così lontano, non si sarebbe neanche sognata di entrare in quel luogo angusto, ma quel giorno l’alternativa a quella passeggiata, a quell’agognato attimo di libertà, sarebbe stato il crollo.
Sentiva solo il rumore dei suoi passi, delle sue scarpe da ginnastica che sprofondavano nel terriccio. Non c’era nessuno lì con lei, tuttavia aveva addosso una spiacevole sensazione, come se qualcuno la stesse osservando. Non smise di correre. All’improvviso sembrò trasalire, fermando d’un tratto il ritmo; ma in realtà aveva solo ricordato di avere con sé il lettore mp3. Era da un pò che dimenticava le cose, ma stavolta l’aveva afferrato un attimo prima di uscire da casa – fece un sospiro di sollievo – la musica l’aiutava a non pensare – si fermò un secondo, giusto il tempo di accenderlo e di cacciare le cuffie dentro le orecchie, quando sentì qualcosa muoversi alle sue spalle.
Sgranò gli occhi trattenendo per dieci secondi il fiato, attanagliata dal terrore di accorgersi della presenza di qualcosa. Abbassò in fretta il volume, premendo furtivamente sul minuscolo tasto. Che fosse stata la musica a trarla in inganno? Lo tenne fermo a metà della stanghetta, ma ormai non aveva più fiducia nelle sue sensazioni. Pensò di averlo immaginato, ed imboccò in fretta l’altro sentiero. D’un tratto non sentiva più caldo, ma brividi gelidi le percorrevano le gambe, rendendole sempre più rigide – si sentiva immobilizzata, provò ad accelerare il passo, immaginò di essere stupida per averlo pensato, ma il suo corpo le andò contro, ed iniziò a rallentare – forse stava accadendo di nuovo.
Strappò bruscamente le cuffie dalle orecchie e “ Trouble” continuò da sola . Si voltò – c’era una figura in piedi, esattamente alle sue spalle, e non era un compagno di corsa.
Sentiva il cuore pulsare in alto ma la densità del buio che la circondava non le permetteva di riconoscere il suo volto. Mise un piede indietro, misurando le distanze, cercando mentalmente di calcolare il tempo per fuggire da quell’ombra, ma i suoi arti inferiori si bloccarono.
Lo sconosciuto si mosse in fretta, e i suoi occhi taglienti come pezzi di vetro le entrarono dentro le ossa, ma adesso lo sentiva, era salito su per la gola, pulsava lì, come un ultimo avvertimento che il suo corpo inascoltato tentava di darle. Non riuscì a deglutire, e la voce che stava per esploderle da dentro fu bruscamente interrotta da una mano gelida, umida, squallida come quel corpo a cui stava attaccata.
Si voltò, incapace di muoversi, di tentare nuovamente di allontanarsi da quella figura. L’ipod crollò per terra, come stava per succedere al suo corpo inerme. Socchiuse le palpebre, smettendo di percepire il contatto con il mondo esterno, recidendo ogni legame, per riaprirli solo cinque estati dopo, afose e umide come quella, in un luogo non poi così lontano da quel punto, davanti alla donna che le era stata a fianco per tutto quel tempo – che non trattenne un’espressione di stupore, alzandosi di scatto e andando a chiamare aiuto. Si era addormentata ragazza, ma adesso era una donna.