Quand’ero piccola, d’estate, passeggiavo con i miei nel paesino vicino la nostra casa di campagna. Ogni volta che passavo da quella strada restavo incantata da un piccolo negozio, posto in un angolo prima di svoltare nel corso principale.
Amavo i colori, le loro mille sfumature, quelle incredibili sfaccettature. Verde e azzurro erano quelli che più mi piacevano.
Mio nonno era un pittore – con ammirazione l’osservavo passare i pennelli su quella tela, il gesto morbido e sicuro della sua mano era quasi una carezza, in quelle lunghe giornate estive, con il suono delle cicale a fare da sfondo, e lui spesso mi lasciava dipingere le tegole – rimanevo affascinata da quella tavolozza multicolore che avevo a mia disposizione.
Ma c’era un posto che preferivo a tutti, quasi più della pizzetta più buona del mondo che mi facevo avvolgere nella carta. Anzi, ne prendevo due, una da mangiare subito, e l’altra da portare a casa; era la prima cosa a cui pensavo quando percorrevo la discesa che passava dal belvedere all’entrata del paese.
Ne percepivo il profumo, e subito dopo vedevo la teglia appena sfornata esposta in vetrina.
Dopo, passavo per una piccola strada che portava al corso principale, mio padre infatti mi faceva fare il giro per salutare alcuni amici dell’infanzia. Ed ecco che mi ritrovavo davanti alla vetrina che più mi piaceva.
Quel posto era un negozio di quadri.
Lo trovai curioso, passavo sempre di lì e mi chiedevo perché quel dipinto fosse ancora lì, perché non lo acquistasse nessuno, era di gran lunga il più luminoso di tutti.
Ce n’erano tanti, io ne ero incantata – rappresentavano quasi tutti il mare. Davanti ai miei occhi la mia mente di bambina si divertiva ad immaginare.
E allora le onde del mare e quella piccola barchetta in realtà vuota diventavano i protagonisti di una breve storia. Mi fermavo davanti quella vetrina, chiedendo il permesso ai miei, socchiudevo un momento gli occhi ed ecco che la mia
fantasia prendeva forma: adesso la barchetta non era più vuota; c’era un signore avanti con gli anni, aveva una lunga barba, era vestito di azzurro, ma un azzurro sbiadito, scolorito sicuramente dal sole. Era un pescatore. Seduto al suo fianco c’era un piccolo bambino, avrà avuto un paio d’anni più di me.
I due sorridevano, il signore grande insegnava al bambino come pescare. Era troppo piccolo, ma lui gli diceva che se avesse osservato bene come faceva un giorno avrebbe imparato anche lui. Quel bambino seguiva i gesti del nonno con lo stesso sguardo pieno di orgoglio con cui io guardavo il mio dipingere.
Non dimenticherò mai quello sguardo, uno sguardo di ammirazione incondizionata. La voce di mio padre, che lentamente sussurrava, mi riportò alla realtà.
Quando riaprii gli occhi, la barchetta era vuota. Mio padre mi chiese se lo volevo. Io risposi di no, ringraziandolo. Salutai quei due nella barchetta e mi avviai. Ma continuavo a pensare a quel dipinto.
In realtà l’avrei voluto, da appendere nella mia camera, però avevo paura che così avrei perso la fantasia, avrei smarrito l’ispirazione, non volevo portarlo via dalla sua casa, e temevo di perdere la voglia di immaginare storie, quasi di vedere una nuova storia passando da quella vetrina.
In quel momento compresi che ciò che più contava nella vita non era il possedere materialmente le cose di valore, ma mantenerle vive nel proprio cuore.
Libere di esprimersi.
Il fulcro, la chiave di tutto é quel colore, quell’azzurro che ha scatenato la mia fantasia di bambina, quella sfumatura che ha risvegliato qualcosa in me, che ha mosso il mio animo nel profondo. Un pò come le onde violente che ho visto qualche giorno seguente, ripassando da quella vetrina in un giorno di pioggia, chiudendo gli occhi e lasciando libera la mia immaginazione.
In quel momento il mare era diventato più grigio.
Ed é lì che le sfumature si sono trasformate in una cosa che ho avuto davanti agli occhi per tanto tempo senza riuscire a vedere realmente per ciò che era.
E quella stessa sfumatura l’ho intravista di nuovo, chiudendo gli occhi, non in una vetrina di un piccolo paese, non nella mia immaginazione di bambina, non in un dipinto del mare, ma nella fantasia della me donna, e quella sfumatura l’ho scoperta nei tuoi occhi, quella sfumatura sei tu. L’ho cercata per anni. Così tanto che temevo non l’avrei più ritrovata. E adesso incredibilmente é qui davanti a me.
Quel grigio-azzurro delle onde del mare in un giorno di pioggia, quella sfaccettatura inattesa che ha scatenato la mia immaginazione, quel tono freddo, quasi algido, intenso, ma incredibilmente caldo che ha smosso il mare in tempesta sei tu. Per me.
Ornella Badagliacca